domenica 3 aprile 2011

Otto marzo.

Una ragazza viene brutalizzata e uccisa da ignoti: il suo corpo martoriato viene ritrovato dopo mesi dalla scomparsa. Un'altra viene trovata morta nella casa che ha affittato, studentessa straniera insieme ad altri studenti. Un'altra ancora è uccisa dal padre perché non segue il canone della sua religione. Episodi di orribile e ingiustificabile violenza sulle donne che, come molti altri analoghi, hanno offerto lo spunto ai cronisti dei giornali di ogni fede politica per innumerevoli articoli, di taglio diverso ma di matrice comune: quanto sono violenti questi maschi nei confronti delle femmine povere e indifese.
Un fenomeno orrendo, forse dilagante sotto l'influsso negativo della cultura dominante: se la donna è oggettivata, reificata, è anche soggetta a diventare un elemento del patrimonio di qualcuno, una cosa di proprietà che quando non funziona a dovere si rottama come un vecchio frigorifero. Qualcosa di innegabile e di evidente. Dieci, cento, mille donne aggredite, stuprate, ferite o uccise ogni anno, ogni mese, ogni giorno. La punta di un iceberg che chiunque può osservare anche senza volerlo, perché la notizia diventa reportage, e il reportage diventa spettacolo, e allo spettacolo nessuno riesce a sottrarsi nel villaggio globale dei media.
Poi, però, ci sono le altre: la pancia dell'iceberg, la sua parte sommersa. La più grande. Le storie di donne che, per il solo fatto di essere donne, vengono rese oggetto di persecuzioni tanto infondate quanto subdole. Accusate di fare incantesimi e di accoppiarsi col demonio, processate, arse vive.
Mi viene in mente una storia, poco conosciuta, che rappresenta un buon esempio di questo.
Per decine di anni Bruno Bettelheim e altri psicologi sostennero la tesi secondo cui all'origine dell'autismo c'erano delle madri fredde e distaccate, le cosiddette madri-frigorifero. Non fa una grinza: se il pane non è buono me la prendo col fornaio. Se il bambino è "difettoso" sarà colpa di chi lo ha fatto, semplice.
Perché le madri e non i padri? Risponderei con un'altra domanda: perché fu Eva a mordere il frutto e non Adamo?
Siamo ancora allo stesso punto: perché la donna è un essere immondo e colpevole. Da punire, o da curare. E a volte fra le due non c'è differenza.
Come molte altre idiozie ben confezionate, i'idea di Bettelheim si diffuse rapidamente in tutto il mondo. "La fortezza vuota", il libro in cui egli teorizzava questa visione, fu tradotto e divenne un best seller in molte lingue. Per anni, le madri dei bambini autistici di tutto il mondo, oltre al dolore e alla difficoltà di educare i propri figli, furono considerate le vere colpevoli della condizione dei propri figli: vennero accusate dai propri mariti, dalle famiglie, molte coppie andarono in pezzi, la maggior parte sperperò patrimoni negli studi degli psicoanalisti per sé e per i propri figli, alcune di loro si suicidarono. Anche quando, dagli anni '70 in poi, si incominciò a parlare dell'autismo come di un disturbo evolutivo di origine neurologica e a diffondere l'approccio psicoeducativo, scagionando del tutto le incolpevoli madri, la teoria di Bruno Bettelheim (o Benno Brutalheim, come i suoi critici lo hanno ironicamente ribattezzato) continuò a mietere vittime a lungo. In Italia, dove la predisposizione alla baggianata è ben radicata, ancora nell'ultimo decennio non era impossibile vederla circolare nelle diagnosi delle neuropsichiatrie infantili.
La vicenda delle madri-frigorifero ci ricorda che l'atteggiamento alla base dell'inquisizione non fu un fenomeno storico delimitato, quanto piuttosto una condizione mentale diffusa e latente, sempre pronta a scatenarsi nelle forme più sottili e nascoste. Ma non per questo meno pericolose.

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