sabato 25 giugno 2011

La codardia non sempre paga.

«Sono molto vissuto. Sono così vissuto che ogni storia che sento mi sembra la mia». Così parlava l'indovino Tiresia tramite Cesare Pavese, nei Dialoghi con Leucò.
Quando sento parlare persone che lamentano un mancato appoggio, un mancato sostegno pubblico in una situazione dove si sono esposte nell'interesse non solo proprio ma anche altrui, mi tornano alla mente diversi momenti della mia vita in cui ho vissuto vicende simili.
Una sopra tutte, per portata e conseguenze.
Ho lavorato per diversi anni in un'istituzione scolastica privata. Una scuola di musica. È un lavoro stagionale, come quello dei raccoglitori di pomodori, e comporta l'interruzione delle retribuzioni e delle garanzie nel periodo estivo. Dopo un cambio di contratto, che era stato promesso come di estremo vantaggio per gli insegnanti mentre lo era soprattutto per la scuola, che si intascava la quasi totalità dei contributi risparmiati, incominciai a dare battaglia. A promuovere la lotta, insieme a me, un caro amico e collega. Colloqui con la direzione, tentativi di blocchi delle lezioni, minacce di dimissioni in massa: tutto destinato al fallimento grazie ai tanti che in assemblea sembravano i più indignati e di fronte all'avversario si tiravano indietro con la giustificazione di "tenere famiglia", espressione sinonima della più corretta "essere dei gran paraculi".
Andò a finire che con le ferie cessarono i contratti e i conflitti, in attesa di riaprirli col nuovo anno scolastico. La prevedibile conclusione della storia si ebbe il 23 settembre seguente, alla vigilia dell'apertura del nuovo anno scolastico, quando la direzione della scuola rinnovò tutti i contratti tranne, guarda caso, due. Atto doppiamente meschino, con l'effetto di eliminare avversari scomodi e di dare l'esempio agli altri, da una parte, e dall'altra di rendere molto difficile la ricerca di un posto alternativo per i due licenziati. Non soltanto ti licenzio, ma ti metto in condizione di non lavorare per almeno un anno. Nei giorni seguenti alcuni valorosi amici diedero le dimissioni, indignati da quanto avvenuto. Dagli altri ricevetti un paio di messaggi di solidarietà e niente più.
Fu nell'istante in cui lessi la lettera di rescissione del contratto che nacque nella mia testa il progetto di una scuola alternativa, una scuola che fosse diversa e capace di accogliere anziché di allontanare, un luogo piacevole per tutti, insegnanti e allievi. Nel progetto mi seguirono gli amici dimissionari, che non solo si erano schierati ma avevano anche rinunciato a un reddito certo per valori come l'amicizia e l'integrità morale.
Oggi quella scuola, dove a me e agli amici si sono aggiunti molti altri entusiasti insegnanti, è una bellissima realtà. Ha numerosi allievi, sottratti a coloro che "tenevano famiglia" e che, per mancanza di coraggio, non hanno osato seguire gli ex colleghi. Una volta tanto, la codardia non ha pagato.

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